Il linguaggio matematico maori: Te Reo Pangarau

La lingua maori – te Reo Maori – è una lingua polinesiana parlata in tutta la Nuova Zelanda. Esistono alcune differenze dialettali a seconda delle regioni, ma si tratta essenzialmente di un’unica lingua. È molto vicina al tahitiano, all’hawaiano, alla lingua Tonga e raro Tonga, e le persone che parlano correntemente queste lingue si comprendono a vicenda.
Poco dopo l’inizio della colonizzazione della Nuova Zelanda da parte dell’Inghilterra (divenuta ufficiale col Trattato di Waitangi del 1840), dei missionari hanno creato delle scuole aperte per i bambini europei ma anche maori. Alcune di queste scuole offrivano un insegnamento in lingua maori e hanno prodotto dei manuali nella stessa lingua sul modello dei testi inglesi. Il primo è stato pubblicato nel 1858. Si trattava della traduzioni in lingua maori di un manuale inglese effettuata da Wiremu Taratoa, un insegnante e missionario maori che aveva viaggiato col vescovo Selwyn in Nuova Zelanda e nel Pacifico. In questa traduzione, che utilizzava principalmente il linguaggio quotidiano, i termini tecnici erano gestiti o traducendo l’idea del loro significato o semplicemente letteralmente per dargli una consonanza maori. La parola “matematica” è diventata così “mahiwhika” (lavoro con delle figure) e “moltiplicazione” “matapikikeihana”, che suona come una parola maori ma non aveva alcun senso in origine. Dopo un periodo nel quale non viene incoraggiato l’insegnamento in lingua maori, a partire dal 1976 si comincia a fondare delle scuole primarie bilingui poi, all’inizio degli anni ’80, delle sezioni bilingui in qualche scuola secondaria. E sono state create anche alcune piccole scuole di immersione maori (Kura Kaupapa Māori).
Queste iniziative hanno aperto la strada a un lavoro intensivo sul linguaggio matematico maori, e il ministro dell’educazione ha incaricato un piccolo gruppo di sviluppare questo linguaggio per permettere di insegnare la matematica fino alla fine della scuola secondaria. Il gruppo ha lavorato nel modo seguente: prima di tutto, ha organizzato una serie di incontri con insegnanti e comunità, dove esistevano delle scuole bilingui, per determinare il linguaggio matematico elementare che veniva utilizzato; in seguito, ha lavorato con dei matematici e degli esperti in lingua maori per creare i nuovi termini necessari all’insegnamento secondario e, infine, ha suggerito una lista di termini, accompagnata da una nota grammaticale, e l’ha sottomessa alla Commissione della lingua maori, l’organismo governativo “guardiano” di questa lingua. Questo procedimento è terminato con la redazione di un dizionario “temporaneo” di termini suggeriti e la sua diffusione. Due anni dopo, lo stesso ciclo è stato ripetuto, rivolgendosi in prima battuta alle comunità e alle scuole per sapere quali termini erano stati adottati e quali no, poi creando dei nuovi termini in caso di necessità, e sottomettendoli alla Commissione della lingua maori. Una nuova lista è stata successivamente pubblicata. Ed è stato soltanto dopo un terzo ciclo che un dizionario “definitivo” è stato elaborato e annesso al nuovo curriculum di matematica nel 1994. Questo dizionario definitivo ha continuato tuttavia a essere modificato e ciò avverrà sicuramente anche in futuro. È possibile trovare una descrizione dettagliata dell’insieme del procedimento in Barton, Fairhall e Trinick (1998).
C’è un epilogo a questa storia. Dopo dieci anni di lavoro, il piccolo gruppo non era ancora soddisfatto. Certo, era riuscito a produrre un vocabolario maori per l’insegnamento della matematica, e questo vocabolario era generalmente ben accettato. Ma i suoi membri avevano l’impressione diffusa che c’era qualcosa che non andava. È stato soltanto tre anni più tardi che uno di loro è riuscito a identificare il problema, conosciuto oggi come il cavallo di Troia del linguaggio matematico maori.
La lingua maori è stata inizialmente tradotta in inglese da dei missionari anglofoni e, da allora, la grammatica maori si è avvicinata progressivamente a quella inglese. Ma esistono delle particolarità, e una di queste risiede nella negazione di enunciati che riguardano i numeri, per esempio una frase come: “Non ci sono tre uova, ce ne sono quattro”. In maori, la negazione ha una forma diversa per gli aggettivi e per i verbi, e i numeri seguono le regole per i verbi. Questo è stato un primo indizio. Delle ulteriori ricerche hanno mostrato successivamente che nella lingua maori, nel periodo pre-europeo, i numeri erano utilizzati sotto forma verbale. Ed è lo stesso in tahitiano, una lingua che è stata tradotta in inglese da un capo tahitiano, e non da un missionario inglese.
Il procedimento che ha condotto a modernizzare la lingua maori per poterla utilizzare in un curriculum matematico standard ha, di fatto, contribuito alla corruzione di questa lingua, e questo si è tradotto nella scomparsa di concetti matematici. Ai miei occhi, è una perdita comparabile a quella del materiale genetico causato dall’estinzione di una specie. Che danni possono essere causati con le migliori intenzioni del mondo!

Fonte: images.math.cnrs.fr, 28/07/2017

Traduzione: Francesca Corsetti, stagista presso l'OEP

 

 

Grammatica della lingua Maori (da Wikipedia)

 

L’ordine sintattico delle parole è verbo, soggetto, oggetto. 

Rispetto alle lingue indoeuropee, il verbo in māori non presenta una coniugazione personale ricca come in italiano dato che ha sempre la medesima forma per tutte le persone:

E haere ana ahau = io sto andando; E haere ana koe = tu stai andando; E haere ana ia = lui/lei sta andando...

Ma in compenso i verbi sono ricchi di forme temporali, progressive, abituali a noi quasi sconosciute, ad esempio:

I haere ahau = io andai; I te haere ahau= =stavo andando; Ka haere ahau = vado (di solito), andavo (sempre), (ogni volta che) andrò; Kia haere ahau = ché/perché io vada, ché/perché io andassi...

Inoltre il māori ha un sistema di pronomi molto dettagliato, con forme diverse per distinguere l'inclusione o meno dell'interlocutore, e diverse forme di plurale a seconda del numero di parlanti, ad esempio: māua = "noi due tranne te" tāua = "noi due incluso tu" mātou = "noi tre o più tranne te" tātou = "noi tre o più incluso tu" koe = tu kōrua = "voi due" koutou/kōtou = voi tre o più" rāua = "loro due" rātou = "loro tre o più"

I nomi sono quasi tutti invariabili. Esiste però un articolo determinativo con forme diverse per singolare e plurale: "te kainga = la casa", "ngā kainga = le case".

La lingua maori utilizza numerose preposizioni. Anche il complemento oggetto è introdotto da un'apposita preposizione: te tangata = l'uomo (sogg) ; ki te tangata = all'uomo; i te tangata = l'uomo (compl. oggetto) ; me te tangata = con l'uomo; o/a te tangata = dell'uomo.

Bruce Biggs dell'Università di Auckland ha sviluppato una grammatica di māori (Biggs 1998) che descrive le forme possibili di sintagma, individuata come l'unità base della lingua māori. La base o entrata lessicale costituisce il componente centrale del sintagma. Biggs divide le basi in nomi (universali, stativi, locativi e personali) e particelle (parole grammaticali: particelle verbali, pronomi, locativi, possessivi e definiti).

Il nome comprende una base che può prendere un articolo definito, ma non può occorrere come nucleo di un sintagma verbale; per esempio: ika (pesce) o rākau (albero). I nomi generalmente non subiscono variazioni morfologiche per esprimere il numero (singolare o plurale), che viene espresso dall'articolo, ad esempio il definito te (singolare "il/lo/la") può essere ngā (plurale "i/gli/le"). Alcune parole allungano una vocale nel plurale, come wahine (donna) ⇒ wāhine (donne). I parlanti possono derivare i nomi da altri basi aggiungendo i suffissi -nga, -anga, -kanga, -manga, -ranga, -tanga o –whanga. Esiste una corrispondenza tra l'inizio del suffisso del passivo e quello del suffisso della derivazione nominale, così inu bere, inumia, passivo, inumanga, bevanda o bevuta; o tangi, piangere, tangihia, passivo, tangihanga, pianto.

     Esempi:

  • Kia ora = Ciao 
  • Haere mai / Nau mai = Benvenuto
  • Ka pai = Tutto bene
  • Haere ra = Arrivederci
  • Kia kaha = Sii forte
  • Aotearoa = Terra della lunga nuvola bianca. È il nome con cui era conosciuta la Nuova Zelanda
  • Hongi (pronunciato 'onghi') = è il tradizionale saluto maori: fronte contro fronte e naso contro naso
  • Pukana = non traducibile - durante la haka è accompagnato dagli occhi strabuzzati, per spaventare il nemico
  • Taumatawhakatangihangakoauauotamateaturipukakapikimaungahoronukupokaiwhenuakitanatahu = "Il ciglio della collina, dove Tamatea, l'uomo con le grandi ginocchia, che scivolò giù, salì su e ingoiò le montagne, per percorrere queste terre, che è conosciuto come il mangiatore di terre, suonò con il proprio flauto nasale per la sua amata". Questa parola è anche il toponimo più lungo al mondo.
  • Te Ika-a-Māui = L'isola del Nord.
  • Te Waipounamu = L'isola del Sud.